Vettura contro un albero caduto a causa di un nubifragio: niente
risarcimento dal Comune
RISARCIMENTO DANNI
Respinta la richiesta di ristoro economico presentata dall’automobilista. Esclusa la
responsabilità dell’ente locale. Per i Giudici l’evento, ossia la caduta dell’albero, non era
prevedibile né evitabile.
CASS. CIV., SEZ. III, ORD., 11 OTTOBRE 2021, N. 27527
di Attilio Ievolella - Giornalista
Prima un violento nubifragio, poi la caduta – improvvisa – di un eucalipto sulla strada. Questi due dettagli
salvano il Comune dalla pretesa risarcitoria avanzata dall’automobilista che con la propria vettura ha urtato
contro il grosso albero (Cassazione, ord. n. 27527/21, sez. III Civile, depositata l’11 ottobre).
ll fattaccio si verifica nel territorio di Sciacca, nel dicembre del 2008, quando un uomo, alla guida della
propria vettura, va ad urtare contro un grosso eucalipto caduto sulla sede stradale.
L’automobile rimane incastrata sotto i rami dell’albero e riporta diversi danni. Situazione complicata anche
per il conducente, uscito malconcio dallo strano incidente.
Inevitabile l’azione risarcitoria dell’automobilista contro il Comune additato come responsabile per la
disavventura da lui vissuta.
Per i giudici di merito, però, la richiesta di ristoro economico avanzata dall’uomo è priva di appigli logici.
In particolare, in secondo grado, viene sottolineato che «la persona danneggiata non ha fornito la prova della
concreta dinamica del sinistro né della caduta improvvisa dell’albero nell’imminenza del suo passaggio»
mentre i testimoni «si sono limitati a descrivere la situazione dei luoghi e a ribadire che il giorno del sinistro si
è abbattuto un violento nubifragio sul territorio di Sciacca». Di conseguenza, viene esclusa «la responsabilità
del Comune, non avendo quest’ultimo ragionevole possibilità», osservano i giudici, «di esercitare la custodia
in considerazione della particolarità dell’evento generatore di danno».
Inutile il ricorso proposto in Cassazione dall’automobilista. Anche i Giudici di terzo grado, difatti, respingono
la sua richiesta risarcitoria nei confronti del Comune.
In premessa i magistrati chiariscono che fondamentale è accertare se poteva esigersi da parte del Comune
«quell’ulteriore attività diretta ad eliminare gli elementi pericolosi non prevedibili, ma che si erano comunque
verificati» e verificare se in questa vicenda può parlarsi di «evento caratterizzato da imprevedibilità ed
inevitabilità». Sempre tenendo presente, aggiungono i giudici, che «va esclusa la responsabilità del custode
nel caso in cui egli non abbia avuto tempo sufficiente per intervenire ed eliminare l’imprevistoimprevedibile,
definibile caso fortuito».
Restringendo l’orizzonte agli enti proprietari delle strade si possono richiamare alcuni principi fondamentali:
«a) in tema di circolazione stradale è dovere primario dell’ente custode della strada di garantirne la sicurezza
mediante l’adozione delle opere e l’assunzione dei provvedimenti necessari; b) il custode della strada non è
responsabile di ciò che non sia prevedibile oggettivamente ovvero di tutto ciò che rappresenta un’eccezione
alla normale sequenza causale, che, invece, integra il caso fortuito, quale causa non prevedibile» e «da tanto
derivando che l’imprevedibilità, da un punto di vista oggettivizzato, comporta pure la non evitabilità
dell’evento».
In questa prospettiva va collocata la vicenda di Sciacca. E va esclusa, sanciscono i giudici della Cassazione, la
responsabilità del Comune, «data la ricorrenza del caso fortuito costituito dall’alterazione imprevista,
imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile della res custodita».
Per i Giudici di terzo grado, quindi, «l’evento occorso non era prevedibile e quindi non risultava evitabile da
parte del Comune, in virtù della circostanza di essersi formato poco prima del sinistro per una causa
estrinseca ed estemporanea creata da un nubifragio eccezionale».
Niente risarcimento, quindi, per l’automobilista, anche alla luce del principio secondo cui «è esclusa la
responsabilità da cose in custodia in capo all’ente proprietario e gestore della strada per i danni patiti dal
conducente di un veicolo che abbia impattato contro un grosso albero caduto sulla strada in prossimità del
suo passaggio, non potendo il custode rispondere dei danni cagionati da un evento da qualificarsi
oggettivamente non prevedibile come corrispondente alla normale regolarità causale nelle condizioni date
dei luoghi e non tempestivamente eliminabile o segnalabile».
Presidente De Stefano – Relatore Gorgoni
Rilevato che:
S.F. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sciacca, il Comune omonimo, allegando che, in data
(OMISSIS) , alla guida della sua Punto, andava ad urtare contro un grosso albero di eucalipto appena caduto
sulla sede stradale, riportando danni fisici e materiali, di cui pretendeva il risarcimento. Il Comune di Sciacca,
costituitosi in giudizio, in via principale, negava ogni sua responsabilità, in subordine, chiedeva venisse
accertato il concorso di colpa dell'attore nella causazione del sinistro. Il Tribunale di Sciacca, con la sentenza
n. 442/2012, respingeva la domanda dell'attore e regolava le spese di lite. La Corte d'Appello di Palermo, cui
si rivolgeva S.F. , con la pronuncia n. 1736-2018, depositata il 10 settembre 2018, oggetto dell'odierno ricorso,
rigettava l'appello e confermava, quindi, la decisione di prime cure. In particolare, la Corte territoriale
confermava che il danneggiato non aveva fornito la prova della concreta dinamica del sinistro nè della
caduta improvvisa dell'albero nell'imminenza del suo passaggio, giacché i testimoni escussi si erano limitati a
descrivere la situazione dei luoghi e a ribadire che il giorno del sinistro sul territorio di (…) si era abbattuto un
violento nubifragio; escludeva la responsabilità dell'ente convenuto non avendo quest'ultimo ragionevole
possibilità di esercitare la custodia in considerazione della particolarità dell'evento generatore di danno e
tenuto conto del comportamento colposo ascritto al danneggiato che aveva tenuto una velocità non
adeguata allo stato dei luoghi, come confermato dalle "modalità dell'occorso (che ha visto lo S. incastrarsi
con la propria automobile sopra i rami dell'albero)" e dalla conseguente "gravità delle lesioni subite" (p. 6). Il
ricorrente propone ricorso avverso detta pronuncia, formulando tre motivi. Resiste con controricorso il
Comune di Sciacca. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio ai sensi dell'art. 380 bis
c.p.c., n. 1 e non sono state depositate conclusioni scritte da parte del PM. Il ricorrente ha depositato
memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta "Violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)
degli artt. 2727, 2729 c.c. e art. 115 c.p.c.". Oggetto di ricorso è il capo della sentenza d'appello che aveva
confermato quella di prime cure, ritenendo non provata la concreta dinamica del sinistro, nè la caduta
improvvisa dell'albero proprio nell'imminenza del passaggio in auto del ricorrente e concordando circa
l'inidoneità delle deposizioni testimoniali e della produzione fotografica e l'assenza di indizi gravi precisi e
concordanti che consentissero il ricorso al ragionamento presuntivo. Per il ricorrente, tutte le risultanze, ove
esaminate dal giudice d'appello, dapprima analiticamente e poi in rapporto di vicendevole completamento,
indicavano, invece, che l'albero era caduto improvvisamente e che non c'era stato modo di evitare l'impatto.
Non solo: la Corte d'Appello, ad avviso del ricorrente, senza spiegare l'iter che l'aveva portata alla statuizione
qui censurata, aveva ritenuto che la causa del sinistro dovesse, anche solo in maniera concausale, attribuirsi
alla elevata velocità tenuta dal danneggiato, deducendolo prevalentemente dal fatto che l'auto che
quest'ultimo conduceva era stata trovata sopra i rami dell'albero, il quale, dunque, non poteva che essere
adagiato al suolo già prima dell'impatto, ma omettendo di considerare che non erano state rilevate tracce di
frenata e che i carabinieri non avevano elevato alcuna contravvenzione per violazione del Codice della
Strada nei confronti del danneggiato. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce "Omesso esame circa più
fatti decisivi per il giudizio e che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5):
specificamente, in ordine alla illogicità, contraddittorietà ed erroneità della motivazione che risulta
meramente apparente". In particolare, vengono lamentate: a) la ricostruzione dei fatti, perché il giudice di
prime cure aveva ritenuto che i testi escussi non erano stati in grado di riferire la dinamica del sinistro,
essendosi limitati a descrivere lo stato dei luoghi ed a confermare che il giorno dell'incidente si stava
abbattendo sul luogo un violento nubifragio; ciò avrebbe dovuto indurre la Corte d'Appello ad "effettuare
una più compiuta e ponderata valutazione delle emergenze istruttorie", invece di limitarsi ad affermare, con
motivazione giudicata apparente, che il Tribunale non aveva errato a ritenere le dichiarazioni dei testi
inidonee a sorreggere l'assunto dell'appellante. Così statuendo, ad avviso del ricorrente, avrebbe omesso di
considerare che la strada teatro dell'incidente era particolarmente trafficata, come dimostrato dalla
produzione fotografica, e che se l'albero fossero caduto prima del suo passaggio in auto, vi sarebbe stata una
lunga coda di veicoli fermi; per di più le dimensioni dell'albero, oltre a renderlo visibile da almeno quindici
metri di distanza, erano tali da rendere impensabile un tentativo di superarlo con l'auto; b) la ricorrenza del
fortuito ex art. 2051 c.c., individuata nella eccezionalità della precipitazione, senza tener conto del fatto che il
caso fortuito avrebbe imposto la verifica della ricorrenza di alterazioni repentine e non specificamente
prevedibili dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di
garantire un tempestivo intervento, non potevano essere rimosse o segnalate per difetto del tempo
necessario a provvedere. 3. Con l'ultimo motivo il ricorrente imputa alla sentenza impugnata "Violazione e
falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell'art. 2051 c.c. e dell'art. 2697 c.c.". Oggetto di censura è la
statuizione con cui la Corte territoriale aveva ritenuto ricorrente il fortuito, perché il Comune di Sciacca non
aveva provato che l'albero era in condizioni statiche normali e in buone condizioni vegetative e manutentive,
che ben conosceva lo stato di integrità dell'eucalipto, avendo effettuato la necessaria manutenzione, che
l'evento dannoso era stato determinato da un fatto talmente eccezionale da essere causa esclusiva dello
sradicamento dell'albero. 4. Va esaminato in via prioritaria il terzo ed ultimo motivo, assumendo la questione
relativa alla ricorrenza del caso fortuito carattere assorbente rispetto alle altre censure mosse alla sentenza
impugnata. Il motivo non merita accoglimento. La giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non sono
emersi argomenti che facciano ritenere opportuno discostarsi, è concorde nel ritenere che " il caso fortuito
può essere costituito da eventi che si inseriscono, spezzandola, nell'ordinaria serie causale che prende le
mosse dall'esistenza della cosa custodita, eventi che (...) devono essere "non conoscibili nè eliminabili con
immediatezza" (...)". Il caso fortuito, ove ricorrente, spezza la serie causale ovvero "toglie di mezzo" gli effetti
giuridici della serie causale ordinaria, rappresentando un quid che "esorbita dall'attività custodiate, ovvero
dall'area del possibile propria della vigilanza: il fortuito è quel che è impossibile vigilare" (Cass. 23/01/2019, n.
1725; Cass. 12/05/2020, n. 8811). Sulla scorta di quanto riportato, nel caso di specie doveva accertarsi se
potesse esigersi da parte del Comune di Sciacca quell'ulteriore attività diretta ad eliminare gli elementi
pericolosi non prevedibili, ma che si erano comunque verificati, giacché è in questi termini che si rapporta la
concretizzazione della responsabilità del custode, escludendola nel caso in cui il custode non abbia avuto
tempo sufficiente per intervenire a eliminare l'imprevisto/imprevedibile - anche qui definibile "caso fortuito"
- e quindi disinserirlo dalla serie causale in cui coinvolta è la cosa custodita. Da esaminare era dunque la
ricorrenza di un evento caratterizzato da imprevedibilità ed inevitabilità. Come già affermato da questa Corte,
il concetto della prevedibilità si rapporta intrinsecamente a quello della conoscibilità, utilizzato per esprimere
proprio l'obbligo del custode di prevedere lo status in cui può venire a trovarsi il bene che custodisce. La
vigilanza del custode, in ultima analisi, viene ad essere circoscritta dal suo opposto, cioè dal caso fortuito,
che traduce in riferimento alla posizione del custode il generale principio ad impossibilia nemo tenetur. Le
caratteristiche della cosa custodita, infatti, plasmano e delimitano il caso fortuito, configurando l'obbligo
custodiale sotto il profilo ex ante, ovvero della prevedibilità che rientra quindi nella possibilità giuridica
dell'adempimento dell'obbligo stesso, da valutare non solo in base all'estensione dell'intero bene, ma anche
alla luce di tutte le circostanze del caso concreto. Tali principi valgono anche a confermare i precedenti
arresti in materia di responsabilità degli enti proprietari delle strade ed a ritenere fermi i seguenti
orientamenti che il Collegio condivide pienamente: a) in tema di circolazione stradale è dovere primario
dell'ente custode della strada di garantirne la sicurezza mediante l'adozione delle opere e l'assunzione dei
provvedimenti necessari; b) il custode della strada non è responsabile di ciò che non sia prevedibile
oggettivamente ovvero di tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, che,
invece, per quanto detto rapportato ad una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso fortuito, quale
causa non prevedibile: da tanto derivando che l'imprevedibilità, da un punto di vista oggettivizzato,
comporta pure la non evitabilità dell'evento. In questo complessivo contesto va calata la conclusione accolta
dalla Corte territoriale, la quale merita conferma, avendo escluso la responsabilità del Comune di Sciacca,
data la ricorrenza del caso fortuito costituito dall'alterazione imprevista, imprevedibile e non
tempestivamente eliminabile o segnalabile della res custodita. L'evento occorso, infatti, non era prevedibile e
quindi non risultava evitabile da parte del Comune, in virtù della circostanza di essersi formato poco prima
del sinistro per una causa estrinseca ed estemporanea creata da un nubifragio eccezionale; nella specie,
dunque, l'evento era connotato da oggettiva imprevedibilità, da intendere "come obiettiva inverosimiglianza
dell'evento" e da eccezionalità, cioè da "sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza
statistica accettata come "normale", vale a dire entro margini di oscillazione anche ampi - intorno alla media
statistica, che escludano i picchi estremi, se isolati, per identificare valori comunemente accettati come di
ricorrenza ordinaria o tollerabile e, in quanto tali, definibili come ragionevoli". 4.2. Data la ricorrenza di tali
caratteri la colpa o l'assenza di colpa del custode restano del tutto irrilevanti ai fini della sua responsabilità ai
sensi dell'art. 2051 c.c.. Se il danneggiato vuol far valere l'eventuale colpa del custode – in questa direzione
sembra muoversi una parte delle argomentazioni del ricorrente peraltro in replica alla gravata sentenza si è
al di fuori del perimetro della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., ed il danneggiato deve assumersi i ben più
gravosi oneri assertivi e probatori della generale fattispecie dell'art. 2043 c.c. e, quindi, dimostrare, prima di
ogni altra cosa, la colpa del danneggiante e non solamente il nesso causale tra presupposto della
responsabilità ed evento dannoso; per contro, quando l'azione è proposta ai sensi dell'art. 2051 c.c., la
deduzione di omissioni, violazione di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da
parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine
a recare danno, sempre ai fini dell'allegazione e della prova del rapporto causale tra l'una e l'altro. 4.3.
L'operazione logica da compiersi, nella fattispecie per cui è causa, era quella di identificazione del nesso
causale, sulla base dei fatti prospettati dalle parti ed acquisiti in causa: operazione che il giudice avrebbe
dovuto effettuare anche di ufficio, giacché in tema di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in
custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c., l'allegazione del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, idonea ad
integrare l'esimente del caso fortuito, deve essere esaminata e verificata anche d'ufficio dal giudice,
indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte, purché risultino prospettati gli
elementi di fatto sui quali si fonda l'allegazione del fortuito; deve affermarsi, inoltre, che, contrariamente a
quanto ritenuto dal ricorrente (p. 27), non è precluso al giudice avvalersi del ragionamento inferenziale per
verificare la ricorrenza del caso fortuito (Cass. 15/03/2019, n. 7361). 4.4. Tanto comporta che risponde a
diritto la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, in applicazione del principio, secondo cui è esclusa
la responsabilità da cose in custodia in capo all'ente proprietario e gestore della strada per i danni patiti dal
conducente di un veicolo che abbia impattato contro un grosso albero caduto sulla strada in prossimità del
suo passaggio, non potendo il custode rispondere dei danni cagionati da un evento da qualificarsi
oggettivamente non prevedibile come corrispondente alla normale regolarità causale nelle condizioni date
dei luoghi e non tempestivamente eliminabile o segnalabile. 5. La ricorrenza del fortuito, che ha interrotto il
nesso di causa tra custodia ed evento di danno, rende inutile accertare se, nel caso di specie, il danneggiato
abbia tenuto o meno un comportamento colposo, come tale suscettibile, a sua volta, di integrare gli estremi
del fortuito o del concorso di responsabilità. 5.1. I primi due motivi di ricorso sono dunque assorbiti. La
ricorrenza del caso fortuito interrompe, infatti, il nesso di causa e rende inutile accertare se il conducente
danneggiato con la sua condotta abbia concorso a cagionare il danno: concorso che, peraltro, la Corte
d'Appello ha affermato sulla base di un ragionamento inferenziale correttamente censurato dal ricorrente,
perché basato su indizi - la posizione dell'auto sopra e non sotto i rami dell'albero - sprovvisti dei caratteri
della gravità, della precisione e della concordanza. Deve ricordarsi che la gravità si rifà a principi di logica in
genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una
qualche lex artis che facciano ritenere probabile che dato un fatto noto A si sia verificato il fatto ignoto B, la
precisione è indice della probabilità che la conoscenza del fatto noto A indirizzi verso il fatto ignoto B e non
anche verso un altro o altri fatti, la concordanza indica che alla conoscenza del fatto ignoto si è giunti in
modo concordante con altri elementi probatori (Cass., Sez. Un., 24/01/2018, n. 178). 6. Il ricorso è,
conclusivamente, rigettato. 7. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se
dovuto. Le spese seguono la soccombenza e sono regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della
controricorrente, liquidandole in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15
per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002,
art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma
dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.